Un Sud che arretra, si impoverisce e si spopola: questa l’amara fotografia scattata da Svimez nel rapporto 2019, “L’economia e la società del Mezzogiorno”. I giovani meridionali emigrano e i piccoli centri rischiano lo spopolamento; il gap occupazionale tra Sud e Centro-Nord si allarga e il Pil scende al di sotto dello zero; le politiche pubbliche sono deboli, le infrastrutture sociali insufficienti e inefficienti, la Calabria tra le regioni più in difficoltà. È emergenza occupazionale e sociale, urge una strategia nazionale ed europea
L’Italia fatica a crescere e riapre le porte allo spettro della recessione; il divario territoriale si allarga e la crescente emigrazione aggrava la già precaria situazione economica e sociale di un Sud sempre più sofferente, togliendo al territorio le forze più giovani e qualificate e costringendo i centri più piccoli, allo spopolamento. “Dopo un triennio 2015-2017 di (pur debole) ripresa del Mezzogiorno, si riallarga la forbice con il Centro-Nord. Tengono solo gli investimenti in costruzioni, crollano quelli in macchinari e attrezzature. Prosegue il declino dei consumi della P.A. e degli investimenti pubblici. Al Mezzogiorno mancano quasi 3 milioni di posti di lavoro per colmare il gap occupazionale col Centro-Nord. Il dramma maggiore è l’emigrazione verso il Centro-Nord e l’estero”. Lo si legge nelle anticipazioni del rapporto redatto dall’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno – Svimez 2019, “L’economia e la società del Mezzogiorno”.
- Al Sud è emergenza emigrazione
L’ondata di giovani che abbandona il Meridione per spostarsi nelle regioni più ricche d’Italia o all’estero, non accenna ad arrestarsi. Una pesante perdita per il Mezzogiorno, non solo in termini di popolazione ma anche e soprattutto economici; ad andarsene sono prevalentemente giovani, un terzo dei quali laureati. I dati Svimez parlano chiaro: “gli emigrati dal Sud tra il 2002 e il 2017 sono stati oltre 2 milioni, di cui 132.187 nel solo 2017. Di questi ultimi – si legge nelle anticipazioni del rapporto – 66.557 sono giovani (50,4%, di cui il 33% laureati). Nel 2017 sono andati via 132 mila meridionali, con un saldo negativo di circa 70 mila unità”.
La ripresa dei flussi migratori, è questa la vera “emergenza meridionale” secondo Svimez: “sono di più i meridionali che emigrano dal Sud per andare a lavorare o a studiare al Centro-Nord e all’estero – prosegue il rapporto – che gli stranieri immigrati regolari che scelgono di vivere nelle regioni meridionali”. A testimoniarlo, i dati elaborati: “i cittadini stranieri iscritti nel Mezzogiorno provenienti dall’estero sono stati 64.952 nel 2015, 64.091 nel 2016 e 75.305 nel 2017. Invece i cittadini italiani cancellati dal Sud per il Centro-Nord e l’estero sono stati 124.254 nel 2015, 131.430 nel 2016, 132.187 nel 2017”.
- Lo spettro di una nuova recessione, previsioni Svimez: nel 2019, PIL sotto lo zero al Sud
“Esiste un “doppio divario”: dell’Italia rispetto all’Unione Europea e del Sud rispetto al Centro-Nord”. Così, Svimez introduce le poco incoraggianti previsioni sul futuro economico dell’Italia e del Meridione. “Siamo l’unico Paese, a parte la Grecia, che non ha ancora recuperato i livelli pre crisi”, si legge nelle anticipazioni. Se l’Italia rallenta, “il Sud subisce una brusca frenata”.
Lo spettro di una nuova recessione aleggia sul Paese. Ad avvertirne la presenza in modo più forte, il Sud, in cui il PIL si trova già al di sotto dello zero. “In base alle previsioni elaborate dallo SVIMEZ, nel 2019, l’Italia farà registrare una sostanziale stagnazione, con incremento lievissimi del PIL del +0,1% e una crescita zero dell’occupazione. Il PIL del Centro-nord dovrebbe crescere poco, di appena lo 0,3%. Nel Mezzogiorno, invece, l’andamento previsto è negativo, una dinamica recessiva: -o,3% il PIL”.
- Si riallarga il gap occupazionale tra Sud e Centro-Nord. I posti di lavoro da creare per raggiungere i livelli del Nord sono circa 3 milioni
Un’economia tanto sofferente e in difficoltà comporta inevitabili ripercussioni sul tema occupazione. Prima tra tutte, l’allargamento del gap occupazionale tra Sud e Centro-Nord nel 2018. “Sulla base dei dati territoriali disponibili – si legge nel documento Svimez – gli occupati al Sud negli ultimi due trimestri del 2018 e nel primo del 2019 sono calati complessivamente di 107 mila unità (-1,7%); nel Centro-Nord, invece, nello stesso periodo, sono cresciuti di 48 mila unità (+0,3%). I posti di lavoro da creare per raggiungere i livelli del Nord sono circa 3 milioni.
“Nello stesso arco temporale – si riporta nelle anticipazioni del rapporto – aumenta la precarietà al Sud e si riduce nel Centro-Nord: i contratti a tempo indeterminato nel Mezzogiorno sono stati 84 mila in meno (.2,3%), mentre nelle regioni centro-settentrionali sono aumentati di 52 mila (+0,5%), con un saldo italiano negativo di 30 mila unità, pari a -0,2%. Per converso, i dipendenti a tempo determinato sono cresciuti di 21 mila unità nel Mezzogiorno (+2,1%) mentre sono calati al Centro-nord di 22mila (-1,1%). I settori nei quali vi sono i maggiori gap sono i servizi (1 milione e 822 mila unità, -13,5%), l’industria in senso stretto (1 milione e 209 mila lavoratori, -8,9%) e sanità, servizi alle famiglie e altri servizi (che complessivamente presentano un gap di circa mezzo milione di unità). Resta ancora troppo basso il tasso di occupazione femminile nel Mezzogiorno, nel 2018 appena il 35,4%, contro il 62,7% del Centro-Nord, il 67,4% dell’Europa a 28 e il 75,8% della Germania”.
- I divari nei diritti di cittadinanza e il deficit di infrastrutture sociali
Tra le cause di un un quadro economico e sociale tanto negativo, l’esistenza di politiche di sviluppo deboli e poco incisive, incapaci di assicurare ai cittadini l’erogazione di servizi di qualità. “Il divario nei servizi è dovuto soprattutto ad una minore quantità e qualità delle infrastrutture sociali e riguarda diritti fondamentali di cittadinanza: in termini di sicurezza, di adeguati standard di istruzione, di idoneità di servizi sanitari e di cura”. Tra i settori più duramente colpiti dalla debolezza dell’intervento pubblico, quello sanitario e quello scolastico. “Nel comparto sanitario vi è un divario già nell’offerta di posti letto ospedalieri per abitante: 28,2 posti letto di degenza ordinaria ogni 10 mila abitanti al Sud, contro 33,7 al Centro-Nord – afferma Svimez. “Tale divario diviene macroscopicamente più ampio nel settore socio-assistenziale, nel quale il ritardo delle regioni meridionali riguarda soprattutto i servizi per gli anziani. Infatti, per ogni 10mila utenti anziani con più di 65 anni, 88 usufruiscono di assistenza domiciliare integrata con servizi sanitari al Nord, 42 al Centro, appena 18 nel Mezzogiorno.
“Ancor più drammatici sono i dati che riguardano l’edilizia scolastica. A fronte di una media oscillante attorno al 50% dei plessi scolastici al Nord che hanno il certificato di agibilità o di abitabilità, al Sud sono appena il 28,4%. Inoltre, mentre nelle scuole primaria del Centro-Nord il tempo pieno per gli alunni è una costante nel 48,1% dei casi, al Sud si precipita al 15,9%. Le carenze strutturali del sistema scolastico meridionale insieme all’assenza di politiche di supporto alle fasce più deboli della popolazione, in un contesto economico più sfavorevole, determinano dal 2016, per la prima volta nella storia repubblicana, un peggioramento dei dati sull’abbandono scolastico. Il numero di giovani che, conseguita la licenza media, resta fuori dal sistema di istruzione e formazione professionale raggiunge nel Sud il 18,8%, con punte oltre il 20% in Calabria, Sicilia e Sardegna.”
- Una forte disomogeneità della ripresa tra le regioni
Il triennio 2015-2018 ha fatto registrare miglioramenti, seppur lievi, in quasi tutte le regioni d’Italia. Ma, ad uno sguardo più attento, emergono andamenti piuttosto differenziati a livello territoriale. La disomogeneità risulta particolarmente marcata al Sud. Qui, tra le regioni che nel 2018 hanno ottenuto le migliori performance in termini di sviluppo, si elencano Abbruzzo, Puglia e Sardegna. Controversa la situazione in Calabria, “unica regione non solo meridionale ma italiana, ad accusare una flessione del PIL nel 2018, -0,3%, dovuta però prevalentemente alla performance negativa del settore agricolo (-12,1%)”.
- Ultima chiamata per le politiche di sviluppo, un piano di investimenti ed infrastrutture economiche, ambientali e sociali
La debolezza delle politiche pubbliche, l’offerta infrastrutturale insufficiente e di bassa qualità e divari territoriali sempre più marcati fanno emergere con estrema urgenza, la necessità di un piano straordinario di investimenti sulle infrastrutture economiche, ambientali e sociali, sul capitale umano e sulle politiche di innovazione per le imprese del Mezzogiorno.
“L’urgenza – sostiene Svimez – è di fronteggiare le emergenze occupazioni e sociali. La sfida è portare il Sud che (r)esiste a competere sulle catene globali del valore, sfruttando al meglio i suoi vantaggi competitivi, in una strategia nazionale ed europea”.