On-line il rapporto “Il mercato del lavoro 2019: una lettura integrata” a cura di Inail, Istat, Ministero del Lavoro, Inps e Anpal: i livelli occupazionali dell’Italia sono ai massimi storici ma inoccupazione, sottocupazioine e part-time involontario continuano a rafforzare i divari territoriali e con l’Europa.
Valorizzare la ricchezza delle diverse fonti – amministrative e statistiche – e implementare un sistema statistico condiviso, mettendo a disposizione informazioni armonizzate, complementari e coerenti sulle dinamiche occupazionali dell’Italia. Questo l’obiettivo alla base della collaborazione tra Inail, Istat, Ministero del Lavoro, Inpas e Anpal nella terza edizione del rapporto “Il mercato del lavoro 2019: una lettura integrata”.
Ad emergere è un quadro multiforme caratterizzato da aspetti positivi e criticità a cui la ripresa economica economica degli ultimi anni è riuscita a sopperire solo in parte. Se da un lato, fattori demografici, sociali e di carattere tecnologico hanno condotto i livelli occupazionali del Paese ai massimi storici; dall’altro permane una vasta area di inoccupazione e sottoccupazione caratterizzata dall’utilizzo del part time involontario, dall’aumento dei divari con l’Ue e dal rafforzarsi degli squilibri territoriali.
- Crescita economica: le prospettive
“La comparsa del coronavirus Covid-19 a gennaio 2020 e la sua rapida diffusione in Cina e nel resto del mondo stanno indebolendo ulteriormente le prospettive di crescita economica con un prevedibile impatto sfavorevole anche sul mercato del lavoro”, spiegano gli analisti nel rapporto. Il quadro strutturale dell’Italia è “segnato dal progressivo rallentamento della crescita economica – in un contesto di una maggiore incertezza globale dovuta alle guerre commerciali, attenuate ma non scomparse in seguito al recente accordo Usa-Cina, e alle accresciute tensioni geopolitiche”. Infatti, nonostante nel terzo e quarto trimestre 2019, l’occupazione italiana faccia segnare il suo massimo storico con 23,4 milioni di unità, nei dati preliminari di dicembre e gennaio si registra un calo sia del numero di occupati sia del tasso di occupazione. Nello stesso periodo nell’area dell’euro – coerentemente con l’andamento del Pil – prosegue a ritmi più lenti la crescita dell’occupazione che resta al massimo storico nonchè la diminuzione del tasso di disoccupazione: a dicembre 2019 tocca il 7,4%.
In Italia nel terzo trimestre 2019 si osserva per la quarta volta consecutiva una crescita congiunturale del Pil dello 0,1%. Tuttavia, nel quarto trimestre 2019 il Pil ha subìto una riduzione dello 0,3% rispetto al trimestre precedente e una variazione dello +0,1% nel raffronto su base annua. Si conferma, inoltre, la tendenza a una crescita occupazionale a bassa intensità lavorativa: il numero di occupati supera il livello del 2008, ma la quantità di lavoro utilizzato è ancora di gran lunga inferiore.
- Part time e part time involontario
I dati Inps su settore pubblico e imprese private mostrano che nel 2018 oltre 5,5 milioni di dipendenti sono stati interessati, per almeno un giorno, da rapporti di lavoro part time; di questi 4,6 milioni sono stati coinvolti in maniera esclusiva. Rispetto al 2008 le giornate retribuite part time sono aumentate del 60% mentre quelle complessive appena del 5%.
La crescita del part time è dovuta sia a un maggior ricorso alla formula sia a un’intensificazione da parte delle aziende che già lo utilizzavano. Rispetto al 2014, a fronte di una diminuzione del 14% delle imprese con solo dipendenti full, si assiste ad una crescita del 12% quelle con solo dipendenti part time e del 9% quelle con entrambe le tipologie.
In buon parte, il ricorso al part-time, non è legato alle esigenze dei dipendenti bensì alla strategie delle imprese. Nel Mezzogiorno il part time involontario sfiora l’80% contro il 58,7% nel Centro-nord. Il part time involontario è inoltre più diffuso nei servizi alle famiglie, nelle professioni non qualificate e tra gli atipici. A parità di condizioni, la probabilità di essere in part time involontario per una donna occupata è circa tre volte superiore a quella di un lavoratore.
- I licenziamenti
I licenziamenti verificatesi nei rapporti di lavoro a tempo indeterminato sono passati da 647mila nel 2014 a 579mila nel 2018. La gran parte dei licenziamenti è motivata da ragioni economiche, circa nove su dieci, ma l’incidenza di quelli disciplinari sul totale dei licenziamenti risulta in crescita: dal 7,4% del 2014 al 13% del 2018. La maggior parte dei licenziamenti avviene nelle piccole imprese (62% nel 2018). Nel 2018 oltre un terzo dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato interrotti per licenziamento ha la durata inferiore a un anno; i licenziamenti entro tre mesi dall’assunzione sono più frequenti tra i giovani fino a 29 anni (18,8% in confronto al 10,8% del totale).
- Gli infortuni sul lavoro
Stando a quanto emerge dall’analisi del fenomeno infortunistico e tecnopatico contenuta nel Rapporto, nel 2018 le denunce di infortunio sul lavoro, sono state circa 563mila, in lieve calo rispetto all’anno precedente (-0,5%), e con un -35,5% rispetto a l 2008. Gli infortuni riconosciuti sul lavoro sono stati 373mila, di cui circa il 21% avvenuti “fuori dell’azienda”, cioè “in occasione di lavoro con mezzo di trasporto coinvolto” e”in itinere”, nel tragitto di andata e ritorno tra la casa e il luogo di lavoro. Delle 1.245 denunce di infortunio con esito mortale, in aumento dell’8% rispetto al 2017 ma in calo del 23% rispetto al dato di 10 anni prima, i casi accertati sono stati 744, di cui il 60% occorsi “fuori dell’azienda”.