23 Maggio 2019

Ocse su Italia e digitalizzazione, il ritardo è pesante: mancanza di competenze e posti di lavoro a rischio

“La popolazione italiana non possiede le competenze di base per prosperare nel mondo digitale, sia come individui, sia come lavoratori”. Questa la pesante sentenza lanciata dall’Ocse, nel suo Skill Outlook Scoreboard, sul controverso rapporto tra Italia e digitalizzazione. I dati preoccupano: ritardo digitale e impreparazione sul futuro mettono a rischio numerosi posti di lavoro

L’Italia si colloca nel “gruppo con il ritardo digitale più consistente“. A decretare la netta bocciatura della Penisola è l‘Ocse nel suo Skills Outlook 2019, chiamato a valutare in che misura la Penisola è in grado di sfruttare al meglio la digitalizzazione rispetto a tre dimensioni principali: competenze per la digitalizzazione; esposizione digitale e politiche relative alle competenze.

Un triste e preoccupante risultato condiviso con Cile, Grecia, Lituania, Slovacchia e Turchia impreparate, come l’Italia, ad affrontare le sfide lanciate dalla digitalizzazione, oggi così come nel futuro. I dati, decisamente penalizzanti, pongono un freno allo sviluppo dell’imprenditoria italiana nel mercato e nelle professioni legate al settore tecnologico, oggi risultato incapace di sfruttare l’enorme potenziale offerto da Ict, intelligenza artificiale e robotica rispetto a produttività e benessere.

Stando a quanto riportato dall’Ocse, In Italia, gli utenti della rete rappresentano il 71% della popolazione tra i 16 e i 74 anni. Un dato relativamente positivo che posiziona l’Italia prima della Turchia, del Messico e della Grecia, ma comunque non sufficiente se si considera la media europea pari all’85%. Inoltre, solo il 36% degli utenti è in grado di impiegare Internet in modo complesso e diversificato. Anche sul lavoro, gli italiani usano l’Ict meno intensamente che in molti altri Paesi (indice pari a 0.2% contro 0.51% Ocse). Tale disparità comporta non poche preoccupazioni rispetto alla stabilità e al futuro di numerosi posti di lavoro che l’automazione potrebbe mettere a rischio.

Individui con un’ampia gamma di competenze hanno maggiori probabilità di adattarsi alle trasformazioni imposte dalla digitalizzazione in ambito lavorativo. La formazione si pone dunque, come l’unica strada percorribile per il cambiamento. Il 13.8% dei lavoratori italiani, infatti, occupa posti di lavoro ad alto rischio di automazione e necessita, pertanto, di un training moderato (della durata di 1 anno) che gli consenta di passare ad occupazioni più sicure, caratterizzate da basso o medio rischio di automazione (contro il 10.9% dell’OCSE). Un altro 4.2% avrebbe bisogno di una formazione intensa (fino a 3 anni) per sfuggire all’alto rischio di automazione. Tuttavia, solo il 30,6% degli adulti ha ricevuto formazione negli ultimi 12 mesi (contro una media OCSE del 42%). In più, i lavoratori a maggior rischio e dalle qualifiche più basse, rappresentano la categoria meno partecipe alle attività di training disponibili.

Non fanno ben sparare nemmeno i dati emersi rispetto al rapporto tra scuola e digitale. “In diversi Paesi gli insegnanti usano informatica e strumenti digitali con la stessa intensità di altri lavoratori con istruzione terziaria, in Italia c’è una forte mancanza di competenze” – scrive l’Ocse – “ben tre insegnanti su quattro (media Ocse 58%) avrebbero bisogno di formazione su Information Comunication Technology”. Il problema non risparmia gli studenti: anche negli istituiti in cui si registra ampia disponibilità di dispositivi e connessioni a Internet, più della metà dei ragazzi non li utilizza in modo efficace per scopi didattici.  Manca l’integrazione  tra digitale e insegnamento.