5 Giugno 2019

“La realtà aumentata dei piccoli Comuni” di Legambiente e Uncem: potenzialità e immobilismi dell’Italia minore

Il futuro dell’Italia passa dalle sue aree interne. A testimoniarlo, il dossier “La realtà aumentata dei piccoli Comuni” realizzato da Legambiente e Uncem: digitale, innovazione sociale, sostenibilità e capacità insediativa, le principali sfide da affrontare; innovatori e politiche pubbliche, i cavalli su cui puntare

“L’Italia minore”, quella dei piccoli Comuni, rappresenta la spina dorsale e la radice identitaria della nazione. Fornire alle piccole realtà territoriali gli strumenti per crescere e vincere le sfide della contemporaneità, è un’imperdibile occasione per far ripartire l’economia del Paese. Ne danno prova i dati contenuti nel dossier “La realtà aumentata dei piccoli Comuni”, realizzato da Legambiente e Uncem – Unione nazionale comuni comunità enti montani,  ed elaborato da Caire.

Le piccole amministrazioni, se supportate da politiche pubbliche mirate, possono rappresentare spazio di innovazione e serbatoio di infinite potenzialità. La chiave del mutamento è nascosta nei soggetti che abitano questi piccoli territori. “Le condizioni oggettive e le politiche pubbliche sono esternalità fondamentali ma non imprimono energia durevole, dunque sostenibile, al cambiamento”. Il potere è in mano alle schiere di innovatori, startupper e giovani, a cui lo Stato è chiamato a dare gli input necessari per poter sfruttare le potenzialità possedute.

Le informazioni riportare nel dossier tengono conto dei piccoli Comuni italiani, suddivisi rispetto ai loro caratteri identitari e alla qualità del loro patrimonio storico culturale in: piccoli comuni delle città storiche; piccoli comuni dei borghi; piccoli comuni senza beni urbanistici storici; piccoli comuni delle periferie metropolitane. Le aree di interesse sono state analizzate attraverso una serie di indicatori tematici relativi a:

  • trend di cambiamento (saldo della popolazione e degli stranieri, digital divide, istruzione);
  • attori che abitano il territorio (presenza di giovani, aziende, volontari e istituzioni culturali);
  • patrimonio locale (beni culturali, servizi ecosistemici; prodotti tipici e presenza di cammini)

Dall’indagine condotta, emerge un quadro variegato e disomogeneo. Da un lato, “l’Italia dei piccoli” si presenta come una realtà vivace, articolata e in movimento nonché teatro di forti processi di cambiamento; dall’altro, si registrano ritardi gravi e divari molto ampi rispetto al resto del Paese.

In uno scenario demografico mondiale, caratterizzato da processi di invecchiamento e da movimenti migratori di lungo raggio, la transizione demografica rappresenta una delle principali sfide da affrontare. I piccoli comuni italiani hanno saputo approcciarsi in modo intelligente al fenomeno, proponendosi come comunità aperte capaci di esercitare controllo e integrazione nei confronti delle popolazioni in arrivo e di riempire, con il loro ingresso, i varchi della struttura demografica dovuti ad un passato caratterizzato da esodi e spopolamento e dal deficit della riproduttività naturale della popolazione italiana.

L’attivismo dei soggetti che operano nelle piccole realtà territoriali italiane, fa si che “l’Italia minore” risulti produttiva e vitale. Basti pensate che nei piccoli Comuni, la densità imprenditoriale risulta di 10,4 imprese per 100 residenti, contro il valore medio del Paese pari a 8,5. Superiore alla media, anche la concentrazione di giovani in ingresso nel mercato del lavoro che si attesa a 17,3% rispetto al valore nazionale di 16,9%. In più, i piccoli Comuni sono la patria dei prodotti tipici (DOP e IGP), tanto che il 92% ha il proprio riferimento geografico proprio in queste piccole realtà.

L’intero stivale è disseminato di esempi tangibili del potenziale di crescita rappresentato dalle più piccole amministrazioni italiane. Tante sono le storie di innovazione sociale, economia circolare, turismo sostenibile, integrazione e nuova imprenditoria realizzate dal capitale umano di questi territori. Non serve guardare troppo lontano. Si pensi a San Lorenzo Bellizzi, paese con poco più di 660 abitanti, in pieno Parco nazionale del Pollino, un’eccellenza nel rinnovabile. Oggi, quasi i due terzi degli edifici pubblici ospita impianti fotovoltaici. Gli introiti del Conto Energia sono distribuiti ai cittadini attraverso l’esenzione della Tasi e quelli legati alla vendita dell’energia prodotta, hanno consentito di azzerare i tributi comunali per la ristrutturazione degli immobili del centro storico, in nome di un’iniziativa pensata per recuperare i molti edifici di proprietà comunale in disuso.

Le potenzialità dei piccoli Comuni emergono anche rispetto all’ampiezza e alla qualità del patrimonio locale che le caratterizza.  La densità del patrimonio culturale e i valori identitari che contraddistingue questi territori determina un grado di attrattività di gran lunga superiore rispetto alla media del Paese. Tra il 2016 e il 2019,i  piccoli Comuni hanno attratto in media 1,7 persone per ogni mille residenti contro la media italiana di 1,2. Segno che le politiche pubbliche di valorizzazione culturale esercitano un impatto positivo su questi territori. Lo testimoniano i valori relativi alla politica dei Cammina pesanti per l’incontro concreto con i luoghi della cultura e i beni del territorio: quasi due terzi  dei comuni interessati da questa politica sono piccoli Comuni (944  dei 1434 interessati).

Il potenziale di crescita dei piccoli centri, strettamente legato all’attivismo degli innovatori, deve fare i conti con i pesanti ritardi delle politiche pubbliche. Istruzione e formazione si colloca tra i settori sui quali intervenire in modo prioritario: nei piccoli Comuni si contano appena 7,1 laureati per 100 abitanti contro una media nazionale del 10,8,  insoddisfacente rispetto ai livelli dei paesi Ocse. Pesante anche il ritardo rispetto alla diffusione della Banda ultralarga: al 2018, si registra il 17,4% delle utenze servite rispetto alla media nazionale pari al 66,9%. Negative anche le osservazioni  relative al reddito:  i  redditi delle popolazione sono più bassi del 13,1 % rispetto ai centri più grandi e in 2.600 piccoli Comuni, il gap del reddito medio pro capite è circa del 35%.

I numerosi esempi di innovazione dell’Italia dei borghi – pari al 69,7% delle municipalità italiane (5552 Comuni al 2018) e governa  oltre il 50% dell’intero territorio nazionale – rappresentano la testimonianza tangibile di come lo sviluppo di queste aree possa determinare un cambio di rotta per il Paese. Intervenire sui ritardi che segnano questi territori è fondamentale. La risposta spetta alle politiche di sistema, chiamate non solo a potenziare i servizi, l’offerta formativa, la valorizzazione del territorio, le opportunità di lavoro e di investimento, la qualità della vita; ma anche a sostenere il percorso di innovazione sociale e tenuta territoriale attraverso l’attivazione di agevolazioni fiscali all’impresa locale di prossimità, all’impresa digitale e alla residenzialità. Simili misure potrebbero costituire un argine  all’abbandono, allo spopolamento e all’invecchiamento dei piccoli centri, punti nodali per lo sviluppo dell’intera nazione.