In Italia, il settore terziario cresce mentre le imprese dell’industria diminuiscono di anno in anno. È quanto emerge dal Censimento permanente 2019 delle imprese realizzato dall’Istat. A trainare la terziarizzazione delle attività produttive, i servizi legati ad attività artistiche, sportive, di intrattenimento e alloggio e ristorazione.
In Italia è in corso una crescente terziarizzazione delle attività produttive e a farne le spese sono le imprese che si occupano di industria e costruzioni. Si tratta di una delle principali evidenze del Censimento permanente delle imprese 2019 realizzato da Istat. La rilevazione – relativa a dati 2018 – ha interessato un campione di circa 280 mila imprese con 3 e più addetti e rappresentative di un universo di poco più di un milione di unità. Un panel corrispondente al 24,0% delle imprese italiane, vero e proprio motore del sistema imprenditoriale italiano: producono l’84,4% del valore aggiunto nazionale, impiegano il 76,7% degli addetti (12,7 milioni) e il 91,3% dei dipendenti.
- L’impresa in Italia
Dalla fotografia scattata dall’Istat sui numeri dell’impresa in Italia emerge, anzitutto, un calo del numero delle imprese e una crescita degli addetti. I dati mostrano che, tra il 2011 e il 2018, a parità di campo di osservazione, si rileva una diminuzione dell’1,3% del numero di imprese (-13mila) e un incremento dell’1,3% degli addetti (+160mila).
- Spicca il terziario e l’industria perde terreno
Con un 5% di incremento in sette anni, il terziario continua la sua corsa a scapito delle imprese che si occupano di industria e di costruzione che appaiono costantemente in calo. I numeri parlano chiaro: dal 2011 al 2018 si è passati dal 65,55 di aziende appartenenti ai servizi al 70,3%, andando ad impiegare il 64% degli addetti. A fare da traino alla terziarizzazione delle attività produttive in particolare, i settori connessi alle attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento (+41,3% di imprese e +16,7% di addetti) nonché lo sviluppo di servizi di alloggio e ristorazione (+23,3% e +28,6%) , delle attività immobiliari(+18,2% e +17,7%) e dell’istruzione (+10,4% e +10%).
Una crescita significativa quella del terziario a cui fa da contraltare una decrescita dell’industria. Dal 2011 al 2018, infatti, le imprese che si occupano di industria sono diminuite del 1,8%, passando dal 20,7% del 2011 al 18,9% del 2018. Stessa sorte è toccata alle imprese che si occupano di costruzioni, passata dal 13,7% al 10,7% (-3%). I comparti industriali, inoltre, sono quelli in cui si registrano le flessioni occupazionali maggiori. A fare riscontrare le riduzioni più importanti sono, nel dettaglio, i settori dell’elettronica, del legno e dei prodotti in legno, della lavorazione dei minerali non metalliferi. Quella della terziarizzazione è una tendenza in corso da circa un ventennio: dal 2001 al 2018 il settore dell’industria in senso stretto ha perso 63.000 imprese e oltre 1 milione di addetti, mentre le costruzioni hanno perso circa 30.000 imprese e 220.000 addetti. Nello stesso arco di tempo, il peso occupazione delle imprese dei servizi è aumentato di circa 20 punti percentuali.
- Imprese a gestione familiare
In Italia, tre imprese su quattro risultano controllate da una persona o da una famiglia, a conferma del carattere familiare del capitalismo italiano, riscontrabile non solo nelle PMI ma anche nelle grandi imprese. Stando ai dati: nel 2018 il 75,2% delle unità produttive italiane con almeno 3 addetti è controllato da una persona fisica o una famiglia. All’aumentare della dimensione dell’impresa si rileva una diminuzione della presenza del controllo individuale e familiare, che tuttavia permane significativa anche nei segmenti dimensionali più elevati: si passa infatti dal 78,2% delle microimprese (3-9 addetti) al 65,6% delle piccole (10-49 addetti), al 51,0% delle medie (50-249 addetti) per arrivare al 37,0% delle grandi (250 addetti e oltre). Si tratta di un aspetto che restituisce un dato significativo:tra il 2013 e il 2023, oltre il 20% delle imprese del campione sarà interessato dal fenomeno del passaggio generazionale alla guida dell’attività.
- Obiettivi strategici
Tra i principali obiettivi strategici indicati dalle imprese, compaiono: la difesa della propria posizione competitiva (90,4%), l’ampliamento della gamma di prodotti venduti (68,2%) e l‘aumento delle attività in Italia (68,2%). L’obiettivo dell’espansione dell’attività produttiva in Italia per il 25,1% delle imprese si è accompagnato a quello di aumentare l’attività all’estero.
- Formazione
Il triennio 2016-2018 ha fatto registrare una buona propensione all’investimento: complessivamente, il 64,8% delle imprese ha effettuato almeno un investimento nelle cosiddette aree di spinta dell’innovazione(ricerca e sviluppo, tecnologie e digitalizzazione, capitale umano e formazione, internazionalizzazione, responsabilità sociale e ambientale). Gli investimenti hanno riguardato in particolar modo: capitale umano e formazione (54,3%) e tecnologie e digitalizzazione (46,7%); più bassa la percentuale di investimenti in R&S che si ferma al 27,4%.
- Occupazione
Il triennio 2016-2018 si è caratterizzato per un’importante ripresa dell’occupazione, l’acquisizione di risorse umane ha coinvolto il 52,2% delle micro e il 77,3% delle piccole imprese. Un ruolo centrale è stato svolto dalle assunzioni a tempo indeterminato, che hanno riguardato il 70,1% delle imprese con assunzioni (65,6% delle microimprese e 96,2% delle grandi). È interessante notare che nel Mezzogiorno l’utilizzo dei contratti a tempo indeterminato per i nuovi assunti (72,3%) è stato superiore a quello delle altre ripartizioni geografiche: Nord-ovest 71,2%, Centro 69,4%, Nord-est 67,0%. Sono poi il 53,8% le imprese che hanno utilizzato i contratti a tempo determinato (49,3% nelle microimprese)
- Innovazione, tecnologia e digitalizzazione
Sul fronte trasformazione digitale le imprese appaiono ancora in ritardo: innovano poco e si limitano all’utilizzo di poche tecnologie. La maggior parte dà priorità agli investimenti infrastrutturali (soluzioni cloud, connettività in fibra ottica o in mobilità, software gestionali). Solamente a un più avanzato grado di digitalizzazione, gli investimenti in tecnologia divengono strutturali e maggiormente integrati tra loro. Cambiamenti visibili sono tuttavia in corso: tra il 2019 e il 2021 si attende una crescita del 180,7% per le tecnologie immersive, del 117,6% per la stampa 3D, del 111,9% peri Big Data e 109,9% per la robotica.