Crolla la spesa delle imprese per l’innovazione e la crisi cambia i modelli di organizzazione. Nel triennio 2018-2020, la quota di imprese che ha svolto attività innovative registra un calo del -5% rispetto al triennio precedente. Questi i principali dati Istat nell’ultimo rapporto “L’innovazione nelle imprese”.
Nel triennio 2018-2020 si stima che il 50,9% delle imprese industriali e dei servizi con 10 o più addetti
abbia svolto attività finalizzate all’introduzione di innovazioni. Rispetto al periodo precedente
(2016-2018), la quota di imprese innovatrici si è ridotta di circa 5 punti percentuali.
Sono i dati contenuti nel rapporto Istat “L’Innovazione nelle imprese, anni 2018-2020“, tesa ad indagare in modo approfondito l’impatto della pandemia sulla scelta di innovare o meno, sugli investimenti in nuovi prodotti e nuovi processi e sui risultati economici generati dalle innovazioni.
Più grande è l’azienda maggiore è la propensione all’innovazione
Si conferma la tendenza crescente della propensione all’innovazione all’aumentare della dimensione
aziendale (dal 48,4% nella classe 10-49 addetti, al 65,7% in quella 50-249 addetti e al 76,0% nelle
imprese con 250 addetti e oltre), ma la contrazione degli investimenti in innovazione rispetto al
2016-2018 interessa tutte le imprese, indipendentemente dalla loro dimensione (le piccole imprese –
4,8 punti percentuali, quelle di media dimensione -5,7 p.p. e le grandi -5,0 p.p.).
Il settore più dinamico si conferma essere quello dell’industria
L’Industria è il settore più dinamico (58,5% di imprese con attività innovative) ma anche il più colpito dal calo degli investimenti in innovazione (-7,2 punti percentuali sui tre anni precedenti) soprattutto tra le piccole imprese.
Nei Servizi rallenta l’innovazione (-3,8 p.p.) e colpisce le grandi imprese (-8,0 p.p.).
Aumenta il numero di imprese che investe in ricerca e sviluppo
La propensione all’innovazione delle imprese appare diversificata sia nel settore dell’Industria che in
quello dei Servizi. Aumenti importanti si registrano nella quota di imprese del settore Ricerca & Sviluppo
(+9,6 p.p.), nella fabbricazione di apparecchiature elettriche (+5,8 p.p.), nel commercio al dettaglio
(+5,7 p.p.) e nelle attività di direzione aziendale e di consulenza gestionale (+5,6 p.p.). Segnali di tenuta
si hanno nell’industria dei mobili, in quella automobilistica e nell’elettronica (rispettivamente +1,2, +0,4
e +0,3 punti) mentre si riduce la quota di imprese che hanno sostenuto investimenti innovativi
nell’industria farmaceutica (-0,9 p.p.).
Le grandi imprese sono più interessate agli incentivi pubblici all’innovazione
Nel triennio 2018-2020 si conferma una bassa percentuale di imprese che hanno ricevuto finanziamenti
pubblici per l’innovazione (16,6% delle imprese con attività innovative) (Figura 5). La frequenza delle
imprese beneficiarie aumenta tra le grandi (23,7% contro il 15,9% delle piccole imprese), soprattutto
tra quelle attive nel settore dell’Industria (29,2%).
Ottengono più frequentemente i finanziamenti pubblici alcuni settori storicamente più innovativi, quali
la R&S (60,5%), l’industria farmaceutica (35,0%) e l’informatica (28,7%).
Fra le cause della sospensione o contrazione dell’innovazione, l’emergenza sanitaria
Nel 2020 oltre due terzi delle imprese (il 64,8% delle imprese con attività innovative) ha dovuto
sospendere o ridurre le proprie attività innovative a causa dell’emergenza sanitaria. Di queste imprese,
il 14,1% ha sospeso definitivamente tali attività, il 24,5% le ha sospese temporaneamente, il 26,2% non
le ha sospese ma le ha dovute ridurre. Coprono invece solo una quota del 6,7% le imprese che sono
riuscite a intensificare le attività innovative nel 2020, mentre il 28,5% non ha subito variazioni rispetto
alle attività programmate.
Leggi il rapporto completo: Istat_L’innovazione nelle imprese 2018-2020
Fonte: Istat