Gli effetti dell’emergenza sanitaria hanno duramente segnato l’economia e la società italiane. Ma le risorse da cui ripartire non mancano: bisogna puntare su imprese, formazione e fondi Ue. Il Centro Studi Confindustria, nel Rapporto di previsione 2021, fornisce un quadro sugli effetti della crisi e una stima sul ritmo della risalita.
La crisi economica dell’ultimo anno ha messo in ginocchio l’economia e la società dell’Italia. È tempo che il Paese si impegni in un cambio di rotta, attraverso la costruzione di misure ad hoc in grado di sostenere le imprese e di liberarne la capacità di investimento; incentivare il lavoro e la formazione dei lavoratori italiani; rafforzare la qualità della Pubblica Amministrazione e dei beni pubblici, facendo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza lo strumento chiave del cambiamento.
I ricercatori del Centro Studi Confindustria hanno realizzato una prima stima sui tempi della ripresa economica italiana, nel “Rapporto di previsione 2021: Liberare il potenziale italiano. Riforme, imprese e lavoro per un rilancio sostenibile“.
Le previsioni sul PIL
I ricercatori del CSC prevedono un graduale recupero del PIL italiano, del +4,1% nel 2021 e del +4,2% nel 2022. Queste stime permetterebbero al Paese di chiudere, seppur a fatica, il profondo gap aperto nel 2020 dalla pandemia. Tuttavia, lo scenario è inevitabilmente condizionato dall’avanzamento della campagna vaccinale di massa in Italia e in Europa. A esserne influenzato è, in particolar modo, il profilo trimestrale per il PIL italiano, per cui è previsto un forte rimbalzo nei mesi estivi del 2021 (+2,8%) e un altro marcato incremento in quelli autunnali (+1,4%), prima di un assestamento su ritmi più moderati nel corso del 2022 (+0,6% in media a trimestre). Tali previsioni poggiano sull’ipotesi che il governo riesca a raggiungere l’obiettivo di vaccinare l’80% della popolazione entro settembre 2021.
Altro fattore determinante per la risalita del Paese, è la corretta gestione delle risorse europee stanziate all’Italia dal Programma Next Generation Eu: le previsioni per il prossimo biennio tengono conto di uno stanziamento pari a 14,4 miliardi per il 2021 e 20 per il 2022. Secondo una simulazione econometrica del CSC, senza NG-EU il recupero del PIL italiano sarebbe minore dello 0,7% nel 2021 e dello 0,6% nel 2022, rispetto allo scenario base, con circa 120mila occupati in meno nel biennio. Quindi, se non riuscissimo a spendere le risorse UE, la risalita del PIL si assottiglierebbe a +3,4% nel 2021 e +3,6% nel 2022 e resteremmo molto sotto i valori pre-crisi.
Gli effetti sul settore terziario
Con riferimento ai settori di attività, le misure di contenimento della pandemia hanno generato un quadro fortemente eterogeneo e differenziato. A inizio 2021, il comparto più penalizzato risulta quello dei servizi: in particolare, la chiusura forzata delle attività e le limitazioni agli spostamenti hanno messo in ginocchio l’attività di aziende operanti nell’alloggio, nella ristorazione, nei trasporti e in alcuni servizi alle imprese. Basti pensare che, a fine 2020 il fatturato nel terziario in aggregato era già inferiore dell’8,4% rispetto ai valori pre-crisi.
Gli effetti sull’industria
Più limitati gli effetti sul fronte dell’industria che chiude il 2020 con un contenuto -2,6%, grazie soprattutto alla buona ripartenza della domanda a partire da metà 2020. La tenuta dell’industria sembra trovare conferma anche nel 2021 con segnali positivi in termini di produzione, sebbene in presenza di una forte eterogeneità tra i diversi settori.
Gli effetti sulla domanda di lavoro
La domanda di lavoro è calata nel 2020 con un’elasticità oltre l’unità rispetto al PIL, date le chiusure prolungate di molte attività dei servizi ad alta intensità di lavoro: -10,3% rispetto al 2019 in termini di unità di lavoro equivalenti a tempo pieno (ULA) e -11,2% come monte ore lavorate. Nelle previsioni CSC per il 2021, con particolare riferimento alla seconda metà dell’anno, è previsto un recupero delle ULA (+3,8%), trainate dal riallungamento delle ore lavorate pro-capite. Il ritmo di recupero subirà una lieve flessione nel 2022 (+3,7%).
Sul versante occupazione, invece, gli inevitabili processi di ristrutturazione aziendali post-crisi, genereranno un calo degli occupati (-1,7%) per il 2021, seguito da un recupero nel 2022 (+1,4%, pari a +313mila unità).