A marzo 2020 la produzione industriale è calata del 16,6% rispetto a febbraio 2020. È quanto emerge dai primi risultati pubblicati dal Centro Studi di Confindustria, in un’indagine rapida sugli impatti generati dal Covid-19 sulla produzione industriale del Paese. E le prospettive per il futuro spaventano: nel prossimo trimestre, possibile un ulteriore calo del 15%.
Il DPCM del 22 marzo relativo a “Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19” ha sancito la chiusura di tutte le attività produttive considerate non essenziali, portando di fatto al blocco del 57% delle attività industriali del Paese. Gli effetti del lockdown non si sono fatti attendere: a marzo 2020, la produzione industriale è calata del 16,6% rispetto a febbraio 2020, portando l’indice di produzione indietro sui livelli di 42 anni fa. In più, nel primo trimestre 2020, si è registrata una flessione del -5,4%, rispetto all’ultimo trimestre del 2019, il calo maggiore dal 2009, nel pieno della grande crisi finanziaria internazionale provocata dallo scoppio della bolla dei mutui subprime in USA.
Lo rende noto il Centro Studi di Confindustria in un’indagine rapida relativa agli impatti della pandemia sulla produzione delle industrie italiane. E per il futuro, le prospettive appaiono addirittura peggiori. Di fronte alla chiusura di più della metà delle attività produttive, gli industriali temono che per il secondo trimestre, la contrazione della produzione arriverà addirittura a toccare il 15%. La diminuzione del valore aggiunto nell’industria contribuirà negativamente alla dinamica del Pil italiano, per il quale si prevede un arretramento del 3,5% nel primo trimestre e del 6,5% nel secondo.
Le misure di contenimento e contrasto introdotte per limitare la diffusione del Covid-19 – spiega il Centro Studi di Confindustria – hanno determinato un doppio shock negativo, sia sulla domanda che sull’offerta:
- “Dal lato della domanda, con il rinvio delle decisioni di spesa dei consumatori, la chiusura di numerose attività commerciali (nei settori della ristorazione, alloggi, trasporti, attività culturali e di intrattenimento) e l’azzeramento dei flussi turistici”.
- “Dal lato dell’offerta, con il blocco di numerose attività produttive, sia per decreto sia per consentire la sanificazione dei luoghi di lavoro delle imprese funzionanti”.
Nello specifico, il PMI manifatturiero è sceso sui valori più bassi da undici anni (40,3 a marzo contro il 48,7 di febbraio), con produzione ai minimi storici (27,8) e nuovi ordini sui livelli della primavera 2009 (31,1); anche la fiducia ISTAT delle imprese manifatturiere è scesa rapidamente in marzo (89,5 minimo dal 2013), con giudizi su ordini in forte peggioramento e scorte in accumulo (per una caduta della domanda più forte di quanto atteso).