29 Novembre 2019

Analisi sugli ambiti tecnologici della Smart Specialisation Strategy: punti di forza e di debolezza delle imprese S3 in Italia

L’appartenenza agli ambiti della Smart Specialisation Strategy comporta, per le imprese italiane, numerosi vantaggi, soprattutto in termini di innovazione, competitività e utilizzo dei contributi pubblici. Queste le principali evidenze emergenti dall'”Analisi sugli ambiti tecnologici della S3″, realizzata per l’Agenzia per la coesione territoriale.

Far emergere punti di forza e di debolezza delle imprese riconducibili agli ambiti della Smart Specialisation Strategy , tentando di indagare le implicazioni prodotte sulla competitività e la produttività delle aziende coinvolte. Questo l’obiettivo principale dell’Analisi sugli ambiti tecnologici della Smart Specialisation Strategy nell’industria italiana, realizzata per l’Agenzia per la coesione territoriale da MET Srl (società di ricerca indipendente) nell’ambito delle attività promosse dal Progetto di “Supporto all’attuazione di monitoraggio della SNSI e delle RIS3 finanziato dal Pon Governance e Capacità Istituzionale 2014-2020”.

Oggetto dell’indagine, un campione di oltre 23.000 imprese italiane che si sono riconosciute nelle 12 aree di specializzazione regionali della Smart Specialisation e ritenute prioritarie per lo sviluppo e la competitività del Paese:  Aerospazio; Agrifood; Blue Growth; Chimica Verde; Design, Creatività e Made in Italy; Energia; Fabbrica Intelligente; Mobilità Sostenibile; Salute; Smart, Secure and Inclusive Communities; Tecnologie per gli Ambienti di Vita; Tecnologie per il Patrimonio Culturale.

Ciascuna delle aziende esaminate, è stata chiamata a rispondere ad un questionario sulle problematiche della struttura di impresa, sulle strategie adottate, sui driver della competitività, sui vincoli e sulle criticità presenti. Al centro dell’analisi così condotta, la volontà di misurare la numerosità delle imprese S3 in Italia, comprendere i comportamenti adottati, conoscere le traiettorie competitive seguite, indagare i benefici attesi e riflettere sulle criticità emerse

Secondo quanto emerso dall’analisi, a differenza delle altre, le imprese S3:

  • utilizzano in modo più frequente e diffuso tecnologie riconducili al modello dell’industria 4.0 e sono più aperte ad introdurre innovazioni basate su processi strutturati di ricerca e sviluppo; 
  • sviluppano in modo sistematico rapporti di collaborazione con altre imprese e con enti di ricerca per la realizzazione di percorsi di innovazione;
  • superano in modo migliore le criticità nell’utilizzo di capitale umano qualificato, ricorrendo in maggior misura all’acquisizione di servizi e o collaborazioni con altre imprese o enti;
  • realizzano collegamenti con le reti nazionali e internazionali.

LA SMART SPECIALISATION IN ITALIA 

In prima battuta, l’analisi condotta si è soffermata sui numeri nel tentativo di delineare le dimensioni della Smart Specialisation in Italia. Secondo quanto emerso, a riconoscersi nei 12 ambiti prioritari della Strategia, nel 2017, era il 23,6% delle imprese nazionali sul totale di quelle operanti nell’industria e nei servizi alla produzione .  Dati positivi, che evidenziano una crescita del +2,7 punti rispetto al 2015.

Se si osserva il fenomeno da un punto di vista dimensionale, si noterà che l’incidenza della S3 è relativamente più alta tra le medie (50-249 addetti) e grandi (250 e più) imprese . Dal punto di vista settoriale, è l’industria il comparto in cui si stima la presenza maggiore

Le imprese che si riconoscono negli ambiti della S3, contano, inoltre, un maggior numero di addetti. Al 2017, la loro capacità occupazionale si attestava al 29,4%, con un incremento del 4,3% rispetto al 2015. L’incidenza più ampia è al Nord-est, la più contenuta si registra nel Mezzogiorno. 

Rispetto ai 12 ambiti S3, Design, Creatività e Made in Italy fa contare la maggiore incidenza di imprese.  A un livello intermedio si collocano Automotive e mobilità sostenibile, Agrifood, Energia, Fabbrica intelligente e Salute. Tutti gli altri ambiti presentano valori molto contenuti.

Si segnala che Automotive e mobilità sostenibile e Agrifood, nel periodo 2015-2017, sono risultati gli ambiti S3 più dinamici.

Da un’analisi sulla distribuzione geografica, è il Nord-ovest, con un’incidenza del 29,7%, l’area geografica che in Italia fa registrare la più alta presenza di imprese S3 . Seguono il Nord-Est (25.9%), il Sud e le Isole (24%). La più bassa concentrazione è al Nord, dove si ferma al 20,4%. 

Nonostante dall’analisi territoriale emerga un quadro non del tutto omogeneo, tra le singole regioni non si evidenziano marcate differenze grazie ad una crescita dei settori essenzialmente generalizzata. A distinguersi, per un maggior dinamismo, Il Molise e la Basilicata

Interessante sottolineare come, nonostante l’ampio tessuto industriale che la caratterizza, la Lombardia si collochi tra le regioni con la più bassa percentuale di S3. Il Lazio, invece, si classifica come la regione con il minor numero di addetti. 

  • Le caratteristiche strutturali

Dalla comparazione tra le imprese che si riconoscono nella Smart Specialisation e le altre, emergono significative differenze, soprattutto dal punto di vista strutturale.

Anzitutto, “le  imprese S3 – si legge nell’analisi – presentano una produttività apparente del lavoro (valore aggiunto per addetto) più elevata e una maggior incidenza del fatturato esportato sul totale. Inoltre, è anche più frequente l’appartenenza a un gruppo (indizio della presenza di una più robusta organizzazione aziendale e di strategie più strutturate)”.

“I risultati migliori in termini di fatturato – continua la ricerca – trovano conferma nella dinamica degli occupati (nel periodo 2015-2017 la quota delle imprese che ha aumentato l’occupazione è del 23% tra quelle della Smart Specialisation e del 16% tra le altre) e nelle previsioni per il fatturato del 2018-2019 (prevedono un aumento il 30% delle prime e il 19% delle seconde)”.

L’appartenenza a uno degli ambiti S3 sembra avere ripercussioni positive anche sulla tendenza delle aziende ad investire: “per gli investimenti materiali/immateriali e quelli in macchinari il vantaggio delle aziende S3 sulle quelle che non lo sono, supera i dieci punti percentuali. Particolarmente rilevanti anche gli investimenti nelle ICT (25,8%) e nella formazione del personale (17,1%). 

Maggiore anche l’apertura verso l’estero: le imprese riconducibili alla S3, infatti, sono maggiormente attive nell’ambito degli scambi internazionali, fanno segnare un maggior grado di coinvolgimento in attività quali fiere e mostre, nell’ambito delle esportazioni indirette e degli accordi commerciali per i mercati esteri. Basti pensare che la quota di imprese S3 impegnata in attività relative all’internazionalizzazione, “sopravanza di tre volte quella delle altre imprese”.

Particolarmente forte, poi, l’associazione tra imprese 4.0 e imprese S3: “il 14% circa delle imprese della Smart Specialisation -si legge nell’analisi – è anche un’impresa 4.0 (al di fuori di questo perimento la quota è del 5,9%). Le tecnologie 4.0 vengono utilizzate direttamente nei processi produttivi dal 12% delle imprese della Smart Specialisation, il doppio di quanto accade per le altre.

Rispetto a innovazione, ricerca e sviluppo e coinvolgimento nei mercati internazionali – tre elementi imprescindibili nelle strategie dinamiche delle aziende –  i vantaggi di quelle S3 sulle altre è considerevole. Ad innovare processi e struttura aziendale, è il 60% delle aziende S3, contro il 34% delle altre. Stesso divario, rispetto a R&S e esportazioni: ad effettuare attività connesse a questi temi, il 30% delle imprese S3 contro il 13% delle restanti. 

  • Il capitale umano e le reti 

Complessità organizzativa e trasversalità degli ambiti della Smart Specialisation inducono le imprese che vi si riconoscono a operare in rete (ne sono coinvolte nel 67% dei casi, contro il 46% delle altre imprese).

“Collaborazioni non formalizzate e partnership sono anche i canali prediletti per espandere e diversificare gli ambiti settoriali e tecnologici in cui si opera sfruttando le proprie conoscenze e tecnologie: persegue questo obiettivo più del 30% delle imprese della Smart Specialisation (la quota per le altre imprese si attesta attorno al 18%)”. 

  • I contributi pubblici

Importanti implicazioni si registrano anche rispetto all’utilizzo dei contributi pubblici: sono proprio le imprese della Smart Specialisation a far segnare le percentuali di impiego maggiori: “al primo posto si colloca l’iper/super-ammortamento, seguito a distanza dagli incentivi regionali per la ricerca e l’innovazione e dal credito d’imposta per investimenti in R&S. La mancata conoscenza delle misure specifiche volte al sostegno economico previste dalla Smart Specialisation Strategy (S3) accomuna tutte le tipologie di imprese, a prescindere dal loro ambito di appartenenza: solo il 5% delle imprese ne è a conoscenza, mentre il 22% ne ha sentito parlare e il 73% le ignora del tutto”.